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La realtà di oggi “raccontata” dai grandi letterati del passato

Leopardi, Dostoevskij e la società post-moderna. Punti di vista validi ancora oggi. Il paradosso della scelta

Letteratura russa by Pixabay

Leopardi, Dostoevskij e la società post-moderna

Preoccupati ogni giorno per un domani sempre più incerto, attenti fino all’esagerazione a celebrare il nostro ego attraverso emozioni fugaci, incapaci del tutto a costruire solide relazioni sociali: sì, questi siamo noi, uomini postmoderni privati di qualsiasi bussola indispensabile per orientarci all’interno di un mondo la cui illogicità risulta soffocante.

Nel caos in cui viviamo comandano infatti le contraddizioni: vorremmo imparare a riscoprire il piacere della lentezza eppure siamo sempre di corsa, desidereremmo sentirci sicuri e invece, in nome della sicurezza, siamo costretti a sacrificare quotidianamente i nostri dati sensibili, preferiremmo evitare di essere “vittime” e al contempo “carnefici” del consumismo più sfrenato ma lo siamo eccome, e potremmo così continuare. Insomma: detto in parole povere la nostra esistenza, oltre a essere complessa, si caratterizza per un senso di totale precarietà che famosi letterati vissuti in epoche diverse rispetto alla nostra avevano già descritto all’interno delle loro opere. Certo, la società post-moderna di oggi non ha nulla a che vedere con quella dell’Ottocento italiano, eppure il disagio esistenziale di Leopardi è anche il nostro disagio esistenziale, così come il sottosuolo di Dostoevskij è anche il nostro sottosuolo. La tragicità purtroppo non conosce orizzonte temporale.

Punti di vista validi ancora oggi

Giacomo Leopardi, i cui “luoghi dell’anima” sono aperti al pubblico, afferma che l’infelicità è connaturata alla vita stessa dell’uomo, infelicità che obbliga quest’ultimo a chiudersi in sé stesso e ad abbandonarsi drammaticamente a un’esistenza senza senso: tentare di comprendere con le sole forze il perché di questa sofferenza è esercizio talmente vano e assurdo da creare un vuoto in noi che nemmeno la poesia riesce a colmare. Se il più delle volte per lo scrittore di Recanati proprio la poesia è fonte salvifica e al tempo stesso inno alla solidarietà, come ne “La Ginestra”, così non è nel caso di “A se stesso”, una delle liriche più brevi della raccolta dei Canti. Qui la realtà si presenta per quella che è: aspra, dura e insondabile, e l’autore per presentarcela al meglio utilizza parole tronche che simboleggiano la caduta (senza fine) dell’uomo che non può salvarsi nemmeno grazie all’amore definito “inganno estremo”. Questo soliloquio, dal contenuto mortuario, rappresenta il punto più alto del pessimismo cosmico leopardiano che sfocia in un nichilismo passivo a tratti distruttivo, simile a quello odierno. Pensateci bene: anche noi stiamo sperimentando il nulla di Leopardi però in chiave postmoderna. In che modo? Un medium freddo come la televisione, che unidirezionalmente esalta il catastrofismo, oppure i social media, ricettacoli di fake news che influenzano pesantemente la nostra vita, tratteggiano un’esistenza dai colori talmente cupi da rassomigliare a quelli descritti dal poeta di Recanati. Anche Fëdor Dostoevskij, conosciuto dal grande pubblico per l’opera omnia “Castigo e Delitto” e forse meno per ”Il giocatore”, capolavoro della narrativa russa dell’Ottocento in cui ludici passatempi tra cui il casinò sono i protagonisti, ci parla di una realtà caratterizzata da una profonda sofferenza, soprattutto in “Ricordi dal sottosuolo”. Qui l’io narrante, suscettibile di crisi isteriche e privo di ogni equilibrio, ci spiega da un lato quanto insulsa sia la vita e dall’altro lato quanto desidererebbe essere protagonista di un’esistenza grandiosa. Nulla di nuovo per noi uomini postmoderni: quante volte infatti cerchiamo di dimenticare un vissuto che ci appare non gratificante? Molto spesso: in alcuni casi fruendo di prodotti d’intrattenimento di qualità, film degli Avengers su tutti, e in altri casi approfittando di quelle “scorciatoie professionali” che offre la Rete. Senza offendere chi di mestiere fa l’influencer, e ha lavorato sodo per diventarlo, troppe persone credono che basti un telefonino per arricchirsi e far parlare di sé, superando totalmente quello stato di infelicità che, come direbbe Leopardi, è comunque connaturato in noi.  

Decisioni by PixabayIl paradosso della scelta

Si dirà giustamente:” Non è forse esagerato paragonare l’attuale società a quelle del passato, visto che noi, al di là di un innegabile senso di disorientamento, abbiamo un’infinità di scelte a nostra disposizione che non ha precedenti?”. La postmodernità, in effetti, è caratterizzata da un’abbondanza di opzioni che permette al singolo individuo di poter fare ciò che vuole e di essere chi desidera. Tutto ciò è vero solo a livello teorico: troppe possibilità non generano felicità ma depressione. Perché mai? Perché, come ottimamente spiegato dallo psicologo americano Barry Schwartz, con l’aumentare delle opzioni aumentano le aspettative ma anche le possibilità di errore. In una società dove tutto sembra possibile, sbagliare può addirittura portare alla depressione. Ed eccoci dunque tornati al punto di partenza, ovvero a quel mal di vivere che maestri assoluti della letteratura come Leopardi e Dostoevskij avevano già raccontato all’interno delle loro magistrali opere più di 100 anni fa.

Redazione Macerata Notizie
Pubblicato Martedì 29 settembre, 2020 
alle ore 7:01
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