La crisi economica e le sue conseguenze sulle Marche in un seminario delle Acli regionali
“La crisi economica e le sue conseguenze sulle Marche”: su questo tema venerdì 3 aprile, presso la Sala Raffaello della Regione Marche, la presidenza regionale delle ACLI ha chiamato a confrontarsi numerosi interlocutori.
Non solo docenti delle università marchigiane e amministratori locali, ma anche economisti e dirigenti della Regione Marche, sindacalisti e dirigenti d’azienda: dai professori Niccoli, Alessandrini e Favaretto all’assessore regionale Badiali, al consigliere regionale Luchetti e al vice presidente della provincia Sagramola, dai dirigenti regionali Costa e Bozzi a Pagetta, Romanelli e Valenza, ai sindacalisti Mastrovincenzo e Bori. E’ stata l’occasione per un confronto serio e approfondito sia sulla crisi, sulle sue cause e sugli effetti in una regione come le Marche, sia sugli interventi necessari per affrontare a breve e a medio termine le conseguenze sociali e i problemi economici che la crisi sta determinando. Nelle Marche la crisi si è manifestata drammaticamente nella metalmeccanica del Fabrianese, ma ormai tocca in modo pervasivo tutti i settori, dalla valle del Tronto al Pesarese. Lo confermano tutti gli indicatori: la cassa integrazione, la mobilità e la disoccupazione sono in forte crescita. Finora le misure prese dalle amministrazioni locali e gli accordi fatti con le istituzioni finanziarie hanno reso meno dirompenti gli effetti della crisi sui lavoratori e sulle famiglie a basso reddito, ma occorrono interventi di più ampio respiro. Oltre alla necessità di estendere gli ammortizzatori sociali alle categorie finora escluse e di dar vita a politiche attive del lavoro, come da tempo chiesto dal Sindacato, al seminario delle Acli sono stati affrontati molti altri problemi. Tre i nodi principali emersi dalla discussione: 1) gli interventi volti a favorire da una parte l’innovazione tecnologica e organizzativa delle imprese e dall’altra la formazione e la riqualificazione dei lavoratori; 2) il ruolo della programmazione regionale nell’ambito dei nuovi orientamenti che stanno emergendo nella Comunità Europea; 3) la necessità di trasformare il sistema produttivo marchigiano, mantenendo però le peculiarità che sono state alla base del suo successo, mantenendo cioè il rapporto con il territorio, sostenendo la rete dei centri urbani che ha garantito una forte coesione sociale e valorizzando tutte le risorse delle comunità locali. A queste riflessioni, i dirigenti regionali delle ACLI hanno aggiunto due particolari sottolineature: da una parte il tema dell’emergenza, con la necessità di interventi immediati a sostegno delle famiglie in difficoltà, dall’altra la prospettiva di lungo periodo: la crisi deve diventare l’occasione per rivedere il nostro modello di sviluppo; servono certamente maggiori controlli e nuove regole globali nel mondo della finanza, ma soprattutto occorre un’iniezione di etica con l’obiettivo di uno sviluppo più equo, più solidale e più sostenibile anche a livello sociale. E in questa prospettiva, di un mondo più giusto, siamo chiamati a riflettere sugli stili di vita, dando maggiore spazio all’economia civile ed ai rapporti di reciprocità. In questa ottica le Marche, con la loro dimensione comunitaria, possono essere certamente un campo di utile sperimentazione.
Da Simone Baroncia
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