Musicultura, ultimi Premi Sisme alla pugliese Erica Mou, Verso Est e Gatti Mezzi
Grande successo per la chat della web tv che ogni sera manda in diretta le Audizioni Live. Lunga e intensa la serata di giovedì 12 febbraio per le Audizioni Live di Musicultura, che hanno ospitato ben sei concorrenti, anziché cinque come solito: un artista infatti, Renato Mastroianni, ha dovuto anticipare la sua esibizione, prevista per domenica 15 febbraio.
Nonostante la tarda ora, il pubblico in sala e quello via internet ha seguito le performance dei concorrenti fino alla fine.
Tra le curiosità della web tv, curata da Fabio Curzi e Antonio De Luca, in queste ultime sere è stata la partecipazione di “special guest” della chat, come la blogger Alessandra Carnevali del noto blog dedicato alla musica italiana e ai festival (festival.blogosfere.it), e Paolo Giordano, giornalista e critico musicale (Il Giornale).
Ecco le proposte musicali per la sera di giovedì 12 febbraio: Federico D’Annunzio (Porto San Giorgio – Ap), Cristian Grassilli (Baricella –Bo), Marco Iecher (Roma), Renato Mastroianni (Roma), Erica Mou (Bisceglie – Ba), Fabrizio Zanotti (Ivrea – To).
Ad aprire la serata l’ultimo marchigiano in gara, Federico D’Annunzio (Porto San Giorgio – Ap), che ha proposto tre brani, differenti tra loro, ma accomunati da un’attenzione tutta speciale ai temi trattati. Il primo brano “Poco molto”, ha parlato della relatività delle cose, il secondo “Riflesso”, ha toccato invece una tematica delicata e, purtroppo, troppo frequente tra i giovani di oggi, l’anoressia. L’ultimo, “Sogni tra i capelli”, un testo che Federico ha scritto quando ancora viveva a Milano è un pezzo generazionale, che cioè parla della condizione dei trentenni, quella della via di mezzo tra un mondo che non gli appartiene più, l’adolescenza, e uno che non gli appartiene ancora, l’età adulta. Federico, che per alcuni pezzi è stato accompagnato da una sezione d’archi, ha precisato che anche solo con la su band si trova a suo agio e sceglie i propri arrangiamenti in base all’occasione. Intervistato su che cosa pensa della figura dello stage manager, visto che spesso ne assume le vesti, ha risposto che lo stage manager è l’unico che riesce ad aiutare un artista nel migliore dei modi, visto che ne capisce i reali bisogni. Questa breve riflessione è servita alla giuria come spunto per ringraziare i tecnici, i quali rendono possibile tutte queste serate di musica live.
Seconda la pugliese Erica Mou (Bisceglie – Ba), che a soli 18 anni, è in assoluto la concorrente più giovane di questa edizione del festival. Erica si presenta sul palco in modo essenziale, da sola con l’accompagnamento della chitarra o del pianoforte, o al massimo di una loop machine. “Uso la loop machine” – ha spiegato Erica – perché mi diverto, stando attenta però a non eccedere per evitare di annoiare il pubblico”. I suoi brani, “Oltre”, “Domenica”, “Fili”, hanno mostrato originalità e un modo inconsueto di proporre le sue composizioni, fatte di testi prosaici e di riflessioni in grado di far vedere agli spettatori cose che forse non riescono a vedere o non vedranno mai. Erica ha spiegato che non le piace ispirarsi a nessun artista ma di voler solo raccogliere da quello che la circonda spunti per raccontare ciò che la colpisce di più. Una scrittura intimistica, fatta, si, di esperienze piccole, ma espresse con una competenza tipica di un artista già affermato. La sua è stata a fine serata giudicata l’interpretazione più originale.
E’ stata poi la volta di Marco Iecher (Roma), che ha tentato con il brano “Darti un sorriso”, di trovare un sistema universale per fa sorridere le persone tristi, e ha poi indagato con “Nuvole” la sindrome di Stoccolma, quella sindrome che porta i soggetti rapiti a mostrare atteggiamenti positivi nei confronti dei loro carcerieri. Abituato a suonare con il suo gruppo nei locali romani dal 1996, non ha potuto contenere la sua emozione di affrontare il giudizio di una giuria sempre attenta, in grado di notare tutte le particolarità dell’artista, sia musicali sia personali. Marco, musicalmente, propone testi giovani e orecchiabili, umanamente, presenta un modo di fare familiare e accattivante nei confronti del suo pubblico.
Fabrizio Zanotti (Ivrea – To), quarto ad esibirsi, è stato accompagnato da un folto gruppo di musicisti che ha richiesto un po’ più di tempo per la preparazione del palco. Fabrizio ha dedicato la sua prima canzone alla sua città, Ivrea, descrivendone l’aspetto solitario e silente, quello che è possibile vedere in piena notte, quando tutto tace e quando l’artista, uscito dai suoi concerti, può distendere ogni tensione. Il cantante torinese, che scrive musica da quando aveva 6 anni è cresciuto con la musica, trasmessagli dalla sua famiglia, una musica impegnata e ricca di contenuti. Ed è proprio questo substrato a condizionarlo nelle stesura di suoi testi, che sono sempre finalizzati a modificare in qualche modo il cuore di chi li ascolta, nella convinzione che la musica debba trasmettere non solo emozioni ma anche contenuti. Gli spunti per i suoi lavori sono presi sia dalle scenografie di film di registi importanti, come Monicelli e Montaldo, sia dal proprio vissuto. Toccante e quasi folkloristica la canzone “Matrioska” dedicata alle tante donne dell’Est presenti in Italia che sono costrette a lasciare la loro famiglia e i loro affetti alla ricerca di un lavoro.
Il fuori programma, Renato Mastroianni (Roma), salito timidamente sul palco, si è scusato per l’inconveniente, ha ringraziato per la disponibilità mostratagli dall’associazione e ha esordito con il brano “Babbo Natale”. La sua apparente ingenuità ha fatto da cornice ad una serie di riflessioni toccanti su una vita difficile, fatta di mancanza d’amore, scelte sbagliate, incomprensione. Il brano “Il dottore spaziale” è stata una sorta di bilancio delle tre fasi della sua vita: una gioventù tormentata, un’età adulta fatta di rimpianti e un futuro ancora tutto da costruire. Riflessioni non scontate che solo esperienze limite, come la droga e il carcere, possono ispirare. Il veneziano ha poi colorito il tutto con un intervista ironica e fuori dal comune, che ha divertito sia la giuria sia il pubblico, persino gli spettatori in diretta web, che, al momento della sua esibizione, hanno manifestato tutta la loro approvazione. Renato, alla sua prima volta dal vivo, ha fatto conoscere al pubblico un nuovo personaggio, nato dall’apparente ingenuità di un bambino, e dalle riflessioni mature, proprie di un adulto.
Ultimo della serata l’emiliano Cristian Grassilli (Baricella – Bo), per il secondo anno consecutivo a Musicultura poiché reduce dell’esperienza del 2008 in cui ha vinto il premio per Imaie alle serate finali. Ad un primo brano sentimentale “Canzone d’Amore”, eseguito da solo al pianoforte, ha accompagnato due pezzi decisamente rock, tra cui l’originale “Arriva il grano”. Cristian ha mostrato competenza espressiva in entrambi i generi proposti e quando gli è stato chiesto in quale delle due vesti si sente più a suo agio, ha riposto di sentirsi bene in entrambe, e di alternare i due generi in base al tipo di emozione che vuole trasmettere al pubblico.
A fine serata il Premio Sisme, un microfono Shure Sm58, per la migliore interpretazione, è andato all’innata carica espressiva della giovanissima Erica Mou. A consegnare il premio, a sorpresa, Giuliano Rossetti dell’Ufficio Stampa di Musicultura.
Nella prima serata dell’ultimo weekend di Audizioni, venerdì 13 febbraio si sono esibiti sul palco del Teatro della Filarmonica di Macerata, i seguenti artisti: Didie Caria (Torino), Daniele Reggiani (Bergamo), Alessandro Rossi (Roma), Diana Tejera (Roma), VersoEst (Roma).
La serata, come di consueto è stata trasmessa via web sul sito www.musicultura.it, grazie a Fabio Curzi e Antonio De Luca, che hanno curato la messa in onda.
A fine serata il Premio Sisme, un microfono Shure Sm58, per la migliore interpretazione, è andato al gruppo romano dei VersoEst. A premiarli la sig.ra Maria Battistelli, moglie del Presidente della Società Filarmonica di Macerata, Giovanni Battistelli.
Ad esordire è stato Didie Caria (Torino), con tre canzoni, “Jonny il Samurai”, “Domenica” e il “Presidente”, ognuna rappresentativa di un personaggio, di una tipologia di essere umano. La sua esibizione, essenziale, fatta solo di accompagnamento acustico, ha avuto come scopo quello di dar maggiore risalto ai testi a dispetto della componente musicale. Didie, infatti, proviene da un substrato artistico, fatto di esperienze teatrali e musical, dove ha potuto coltivare di più la musicalità. Da Musicultura si aspetta “che sia un concorso che voglia fare la differenza. Le possibilità per un cantautore di emergere sono davvero ristrette in Italia”.
I VersoEst (Roma), l’unico gruppo della serata, si sono esibiti per secondi. Già l’anno scorso avevano partecipato a Musicultura, entrando nella rosa dei 16 finalisti. Per la XX edizione sono ritornati con pezzi nuovi, meno melodici e più indirizzati ad atmosfere bandistiche. Tra i brani proposti, quello che ha colpito di più è stato, “Zero in condotta”, dove il tema dell’infanzia faceva da cornice per parlare del sottotitolo, ovvero “sui fatti di Genova”, riportando il pubblico agli eventi della cronaca degli ultimi anni. Il gruppo romano ha nel complesso mostrato di essere maturato rispetto allo scorso anno, tanto da guadagnarsi il Premio Sisme per la migliore interpretazione della serata.
Terzo artista, l’enigmatico e cerebrale cantautore romano, Alessandro Rossi (Roma), il quale, con la sola chitarra, ha proposto brani molto articolati, accompagnandoli con una composta performance vocale. “Il gambero e la creatura”, “Mia nonna è un fiore” e “Tu quoque Brute filii mii”, hanno evidenziato l’intento di prediligere per le sue composizioni una spiccata veste letteraria, considerata però da Alessandro solo come una delle tante forme possibili da dare alle proprie pulsioni ed emozioni.
Diana Tejera (Roma), salita per quarta sul palco, si è esibita con una formazione ridotta rispetto a quella consueta, fatta solo di voce, chitarra e violino. I brani proposti “Senso primario”, “Mercurio” e “Degno di esistere” fanno parte del suo album di prossima uscita, che Diana intende promuovere con concerti live per tutta Italia, nella convinzione che la vera qualità non abbia bisogno di strumenti mediatici, quali la radio e la televisione, per essere portata alla luce. Ed è per questo che ha deciso di proporre i suoi inediti a Musicultura, un contesto in cui ancora la musica è messa al primo posto.
A chiudere la serata l’esibizione di Daniele Reggiani (Bergamo), caratterizzata da una grande orecchiabilità delle melodie, che evita però ogni banalità. Tema da lui privilegiato, quello del juke box, che è stato anche il titolo di una delle tre canzoni proposte, risente probabilmente dell’esperienza che Daniele ha fatto negli Stati Uniti. Gli altri brani eseguiti sono stati, Lo “scemo del villaggio” e “Signorina Mademoiselle”.
Sabato 14 febbraio, è stato per i maceratesi un San Valentino in musica davvero speciale, al Teatro Filarmonica di Macerata, trascorso in “compagnia” di Famelika (Misilimeri – Pa), Gregor Ferretti (Porto Fuori – Ra), Gatti Mezzi (Pisa), Valentina Lupi (Roma), Walter Piva (Gela – Cl).
Data la ricorrenza, il pubblico, “innamorato” della buona musica e delle Audizioni, non ha mancato di far sentire il suo affetto, riempiendo, come già capitato spesso nelle scorse sere, la sala del Teatro e partecipando attivamente nella chat della diretta web che per dieci giorni ha trasmesso sul sito di Musicultura (www.musicultura.it) le selezioni del concorso.
A fine serata il Premio Sisme, un microfono Shure Sm58, per la migliore interpretazione, è andato agli esilaranti i Gatti Mezzi. A premiarli Concia Arria Lucente, responsabile letteraria dell’Associazione Musicultura.
Ad aprire le danze, Gregor Ferretti (Porto Fuori – Ra), che ha proposto tre pezzi “Il fiume”, “Portuale”, e “L’inverno”, ispirati alla sua città, Ravenna. A colpire pubblico e giuria non solo la grande cura e profondità dei testi, ma soprattutto una tonalità di voce molto particolare, una tessitura timbrica che Gregor possiede come dote naturale. L’artista romagnolo che nasce innanzitutto come autore di testi, e che solo in un secondo momento, su consiglio di Mogol, ha iniziato ad interpretare i suoi brani, ha confessato che quella alle Audizioni Live era la sua prima esibizione di fronte ad un pubblico. La sua performance è stata caratterizzata da un perfetto equilibrio tra interpretazione, testo e musica, quell’equilibrio che Gregor ha appreso nelle sue esperienze di mosaicista e di regista. Di recente, infatti, ha ottenuto un grande successo per il videoclip, “Portuale”, omonimo della canzone proposta anche sabato sera, che racconta la morte di un suo amico al porto di Ravenna. Gregor associa sempre l’attività di artista con lavori saltuari che gi permettono di realizzare i suoi progetti.
Seconda, Valentina Lupi (Velletri – Rm). La cantautrice romana dall’aspetto semplice e sbarazzino, ha rivelato invece una grande carica espressiva. Per la serata ha scelto una formazione essenziale per dare risalto ai testi, che parlano più spesso del suo rapporto conflittuale con l’amore. “Scrivo per difendermi” – ha spiegato Valentina – “soprattutto da alcuni sentimenti d’amore tormentati a cui nella vita reale non riesco a dare una spiegazione. Cantandoli, cerco di esorcizzarli. E questo è talmente vero che mia madre capisce la mia situazione sentimentale dai miei testi”.
Valentina dopo un’esibizione impeccabile si è mostrata a suo agio di fronte all’intervista della giuria: ha parlato del suo album d’esordio “Non voglio essere cappuccetto rosso”, che dedicato soprattutto a chi non ha creduto nelle sue capacità, può in realtà essere soggetto a molteplici interpretazioni. Ha raccontato di aver accettato di scrivere delle colonne sonore solo perché si sentiva a suo agio con il team con cui ha lavorato. Ha confessato che i suoi maestri sono stati in modo particolare Fossati, De Gregori, gli Afterhours e di sentire una grande responsabilità nel rappresentare autori di una tale portata.
Terzi sono stati i Gatti Mezzi (Pisa), autori di una sceneggiata davvero esilarante. Il fischiatore d’eccellenza Tommaso Novi e il “Virgilio” del vernacolo pisano, Francesco Bottai, in arte i Gatti Mezzi, si sono mostrati dei veri intrattenitori e hanno proposto tutti brani in dialetto pisano. Divertente, ma anche denso di riflessioni importanti, “Il Gallaccio di Riglione”, ispirato ad un personaggio vero della loro terra, la cui caratterizzazione è racchiusa nel motto è “meglio morire di fame che di fatica” e che ha permesso a Tommaso di dar sfoggio alla sua capacità di fischiare musica. Tommaso che ha fondato la prima cattedra ufficiale italiana di fischio melodico, fischia da sempre musica classica, soprattutto Mozart, nella convinzione che si può esprimere in questo modo ogni genere di musica. Scherzosamente poi ha invitato i presenti presso la sua scuola a Pisa. Tommaso e Francesco si sono conosciuti “dialetticamente”, otto anni fa: Francesco suonava la chitarra e scriveva pezzi in vernacolo pisano, Tommaso sapeva fischiare e suonare il pianoforte. Così una sera si sono incontrati e per gioco hanno deciso di unire le loro reciproche esperienze in un progetto nuovo, i Gatti Mezzi, con l’obiettivo di diffondere oltre i limiti regionali componimenti in dialetto pisano. Un progetto decisamente inconsueto che però ha avuto i risultati sperati: concerti in tutta Italia e premi importanti, tra cui l’ambito Premio Ciampi a Livorno. E questa vittoria, hanno ironizzato, “ha tanto più rilievo se si pensa all’antica lotta tra pisani e livornesi”. Quando la giuria gli ha chiesto se trovano difficoltà nel proporsi ad un pubblico che non sia pisano, hanno raccontato che di solito fanno un glossario ai loro concerti e che paradossalmente vengono capiti di più da chi il pisano non lo sa. Di certo ciò è possibile grazie alla loro capacità di intrattenitori.
Pur ispirandosi alla tradizione del teatro-canzone di Gaber, Ciampi e Buscagliene, i Gatti Mezzi hanno precisato: “noi cerchiamo di sciacquare da questo eredità e di rendere il più personale possibile la nostra musica”.
A loro, a fine serata, il premio Sisme per la migliore interpretazione.
Quarto il siciliano Walter Piva (Gela – Cl), che ha offerto brani di gusto melodico e pop. Il cantautore gelese ha spiegato di essere un autodidatta e di ispirarsi ad autori come Endrigo e Tenco. Sceglie di comporre testi brevi perché questo è il modo a lui più congeniale di trasmettere i suoi sentimenti. Questa scelta è avvenuta all’improvviso: “dopo avere ascoltato il Cielo in una stanza, fatta solo di quattro accordi, ho capito che si può arrivare subito su chi ascolta senza virtuosismi”. Il suo brano più bello “Flussi di incoscienza”, è piaciuto molto agli spettatori.
Ultimo gruppo in gara è stato quello dei Famelika (Misilimeri – Pa), i cui brani hanno offerto immagini nate dalla semplice osservazione del quotidiano, senza la pretesa di far capo a concetti elevati o a eventi eclatanti, in un continua tensione tra la cruda realtà e un dolce surreale. I testi sono stati poi accompagnati da una impostazione vocale molto accurata e composta. Ed è questa, più “soft”, la nuova veste di un gruppo che ha esordito traducendo in chiave hard rock la musica cantautorale francese. La giuria si è complimentata per la loro esibizione e per la longevità del gruppo, cosa non consueta quando non ci sono di mezzo dei riscontri puramente economici. I Famelika nascono, infatti, nel 1998 e hanno spiegato la loro sopravvivenza in questo modo: “quello che ci lega è l’amore per quello che facciamo e il continuo rinnovamento artistico”.
A fine serata il Premio Sisme, un microfono Shure Sm58, per la migliore interpretazione, è andato agli esilaranti i Gatti Mezzi. A premiarli la mitica Concia Arria Lucente, responsabile letteraria dell’Associazione Musicultura.
Da Ufficio Stampa Musicultura
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