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L’ABAMC propone un laboratorio dedicato al “libro d’artista”

L’iniziativa, denominata “Taglio di piede”, partirà lunedì 16 maggio e vedrà protagonista Giovanni Olberti, giovane autore bergamasco

mostra "Veerle" - Giovanni ObertiPer mezzo di un invito rivolto a un giovane artista italiano, Giovanni Oberti, l’Accademia si offre come luogo di produzione di questa particolare pubblicazione. Attraverso l’individuazione di un progetto di libro, viene promossa la sua produzione, innestando questo lavoro all’interno di un laboratorio dedicato a sviluppare tematiche inerenti.


L’iniziativa, che va sotto il titolo “Taglio di piede“, comincerà lunedì 19 maggio e si concluderà a fine mese

Cos’è un libro d’artista? Non è un volume illustrato, non è una scultura, è un oggetto la cui essenza è difficile da connotare e la cui definizione rischia di causare scivoloni interpretativi e bagarre accademiche. Multiplo, utopico, combinato, contaminato, è di sicuro una presenza tuttora dilagante, prodotta nelle piùdisparate occasioni.
 
In formato popolare a tiratura illimitata – che, per alcuni esemplari, si è trasformata in pochi superstiti ricercatissimi – o in versione “da collezione”, con un numero limitato di copie prodotte e magari firmate dall’autore, il libro d’artista è un prodotto artistico a tutti gli effetti, il luogo in cui, forse, l’artista investe di più sulla leggerezza e facilità d’uso pur mantenendo fede al rigore della propria ricerca individuale. Può anche rivelarsi, per l’artista che lo progetta, uno spazio delle possibilità in cui provare ad agire forzando le restrizioni che lo spazio stesso implica o eludendo le proprie per cercare di trovare differenti margini di ricerca.

Un libro d’artista può essere un gioco, un campo d’esplorazione, una casualità: può non esserci. è, infine, una zona franca che avvicina autore e fruitore. Con un “taglio di testa e uno di piede“.
Giovanni Oberti è appunto l’artista invitato a realizzare un proprio libro d’artista e condurre questo laboratorio che durerà due settimane, nell’arco delle quali sette studenti dell’Accademia lavoreranno insieme a lui per discutere, progettare e realizzare un proprio libro d’artista.

I ragazzi individuati per partecipare al laboratorio afferiscono a diversi indirizzi all’interno dell’Accademia stessa e sono di età differenti. Questa mescolanza, a nostro avviso, dovrebbe favorire un atteggiamento di scambio e confronto trasversale tra discipline, età, ricerche, istanze teoriche e pratiche di lavoro. Si è altresì favorita questa trasversalità per cercare di eliminare i blocchi disciplinari che spesso caratterizzano la formazione accademica.

Guardare attraverso le immagini e vedere oltre la superficie rappresentata, oltre il tentativo di riconoscerne i particolari, liberando lo sguardo. Lungo un percorso che parte da dentro i nostri occhi fino a tendere all’infinito. Grazie alla velocità con cui oggi si producono e consumano immagini, ci è permesso, in maniera molto più efficiente rispetto a qualche tempo fa, di provare a dare una lettura completa, o quasi, della rappresentazione che stiamo guardando, cambiando radicalmente anche il modo di pensare e percepire la distanza in generale“.

Ognuno, a suo modo, ha un approccio differente al semplice atto di osservare, se lo è costruito nel tempo, guardando, modellando quindi la propria vista, perfezionando la propria esperienza, fino a utilizzare sempre, o quasi, la stessa tecnica di interpretazione. Del resto, guardare è una cosa che facciamo con naturalità, non pensando a un metodo, semplicemente lo facciamo e basta“.
 
Ed è proprio grazie all’atto di guardare che possiamo capire, imparare, riconoscere e viaggiare con la fantasia. Grazie a un prolungamento dello sguardo che va dalla superficie osservata fino a dentro la nostra testa, divenendo immagine. Tuttavia, se viene meno il tentativo di ‘sfondare’ il muro del senso, allora non si può parlare di un’attenta osservazione, ma di superficialità. E di superficialità oggi non ne abbiamo proprio bisogno“.
 
Non vogliamo impiegare anni per liberarci dalle emozioni, non vogliamo essere in balia delle emozioni; vogliamo servircene, goderle e dominarle“.

Giovanni Oberti

GIOVANNI OBERTI
(Bergamo, 1982. Vive e lavora a Milano). Ha studiato all’Accademia Carrara di Bergamo, dove si è diplomato nel 2006. Ha tenuto diverse mostre personali tra cui: “I fiori in tasca”, Galleria Enrico Fornello, Milano 2012; Arise Therefore, con Daniela Huerta, Galleria Enrico Fornello, Milano 2011; 8, con Elio Grazioli, a cura di Chiara Agnello, Careof, Milano 2010; “Placenta- rium”, a cura di Marinella Paderni, Galleria Placentia Arte, Piacenza 2009.

Tra le mostre collettive ricordiamo: “The excluded third, included”, a cura di Postbrother, Emanuel Layr Gallery, Vienna 2014; “Veerle”, a cura di Chris Fitzpatrick, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino 2013; “Epidedon”, a cura di Ludovico Pratesi, Co2 Gallery, Roma 2012; “SC13”, a cura di Chris Fitzpatrick, San Fracisco 2010; “Now where now here”, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno (Arezzo) 2010; “Lo spazio bianco”, a cura di Cecilia Casorati e Sabrina Vedovotto, 26cc, Roma 2010; “Il raccolto d’autunno è stato abbondante”, a cura di Chiara Agnello e Milovan Farronato, Careof e Viafarini, Milano 2009.

da Accademia delle Belle Arti di Macerata (ABAMC)

Redazione Macerata Notizie
Pubblicato Sabato 17 maggio, 2014 
alle ore 14:34
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